E’ uscita in edicola la rivista zoom magazine del mese di settembre-ottobre dove è pubblicata una mia intervista e alcune mie immagini. Zoom è sempre stata per me una bella rivista di fotografia, dove posso leggere di fotografi, di mostre fotografiche, e della fotografia, quella dell’arte. Ora essere intervistato e avere alcuni miei lavori su questa rivista mi fa veramente piacere. Pubblico le immagini e l’intervista sul mio blog:
Davide Dutto è nato nel 1961 in Piemonte, dove vive tutt’ora, anche se a casa non lo si trova molto spesso. Fotografo professionista dal 1982, vive in simbiosi ormai perfetta con la sua fotocamera. Dalla sua natura infaticabile, dalla voglia di mettersi sempre alla prova, di confrontarsi e di condividere con altri ciò che incontra lungo i suoi percorsi anomali, intrapresi per farci conoscere realtà spesso emarginate ed esclusive.
Molte delle tue serie o progetti si ispirano a realtà poco conosciute e non convenzionali. Come decidi cosa fotografare e perché questa scelta?
Ogni tematica che affronto è per me un’esperienza di vita, c’è sempre un interesse personale in tutte le realtà in cui mi addentro e la mia curiosità di vedere dietro le apparenze è molto forte. Questo mi porta sempre a cercare una scusa per far sì che ogni situazione che mi interessa diventi lavoro o viceversa: così la vacanza sulle isole Eolie diventa un incontro con il mondo dei pescatori, la passione del cibo un’occasione per entrare in un carcere e la documentazione dei lavori di rifacimento di un viadotto autostradale un momento per scoprire il mondo di chi li costruisce. Ci sono sempre delle persone dietro a tutto quello che vediamo, in ogni oggetto che ci circonda. Inoltrarmi in queste diverse realtà è come vivere più vite, nel riordinarle e raccontarle con le immagini riconosco una certa familiarità, un’affinità che mi lega alle persone e ai luoghi conosciuti durante i miei viaggi. In tutte quelle vite e luoghi riconosco la mia vita, il mio modo di essere e di crescere. Il lato estetico di un’immagine non mi basta, una fotografia per me deve essere una storia, nella quale l’uomo è il protagonista.
Trovo la tua serie Borderline molto accattivante, una panoramica su realtà diverse e comunque unite da un filo, una condizione ai margini della società. Com’è nata questa serie e in quali paesi hai viaggiato per mettere insieme queste immagini?
Borderliner nasce dopo un viaggio con amici nei paesi baltici, scattando immagini nelle periferie delle capitali Vilnius, Riga e Tallin. Riguardando le immagini scasttate durante questo viaggio mi accorsi che assomigliavano molto a quelle fatte nelle periferie di molte altre città, come Roma, Lima, Colonia, Milano, Oslo, Torino, Los Angeles e New York. Vedo il confine tra me e quelle realtà, vedo tanti confini, tante linee che dividono il mondo in cui viviamo da tutto il resto, come tra chi sta sulla pensilina della metro e chi seduto all’interno dei vagoni o tra chi lava il vetro della macchina e chi sta alla guida o ancora tra chi cammina a fianco di una persona sdraiata sulla scalinata di una chiesa. Questa sensazione di “borderline” è intrinsecamente legata al viaggio e all’osservatore.
Un altro importante tema ricorrente nelle tue immagini è il cibo. Lo prediligi dal punto di vista estetico o piuttosto come simbolo di vita e scambio?
Tutti abbiamo a che fare con il cibo, a me piace usarlo (oltre che per sfamarmi) come scusa per entrare nelle diverse realtà; come per il libro “Il gambero nero, ricette dal carcere” ho cercato di raccontare pezzetti di vita dietro alle sbarre attraverso la preparazione di cibi e ricette, come ricette di vita. Mentre Ciro ci raccontava di sparatorie tra carabinieri e rapinatori impastava la pizza con le stesse mani che avevano impugnato la pistola, con la stessa abilità, mi veniva da pensare. In questo caso attraverso i racconti di cucina ho avuto la possibilità di vedere da una prospettiva diversa una delle molte realtà a noi sconosciute. Cucinando si sprigionano aromi e i profumi, riemergono in noi ricordi o nascono sensazioni nuove, mentre un cuoco prepara un piatto ci racconta una storia. A me tutto questo basta per farmi impugnare la macchina fotografica e iniziare a scattare.
Su quali altre serie stai lavorando? Quali sono i tuoi progetti futuri?
Sto lavorando, guarda caso, di nuovo su un progetto legato al cibo. Vorrei descrivere attraverso scatti realizzati nelle mense aziendali, cucine di ristoranti, cucine di conventi, ma anche nelle cucine private delle famiglie, fast food, e cos’ via, pezzi di realtà nascoste unite da un unico filo conduttore che è la preparazione del cibo. Cerco analogie in vite diverse che nel cucinare esprimono i più svariati sentimenti. Inseguo tra i fornelli storie di vita quotidiana che hanno dello straordinario.
Inoltre da anni sto realizzando immagini delle isole Eolie, in particolare fotografo la vita dei pescatori, vado in barca con loro, mangio con loro; in pratica vivo come un pescatore per alcuni giorni e ricerco in modo quasi antropologico di descrivere la loro vita.
Vorrei continuare la mia esperienza di fotografo in Sicilia, mi affascina il territorio, quasi parte dell’Africa, una terra conquistata varie volte e mi affascina la mescolanza dei popoli. La Sicilia rimane oggi un territorio di scoperta, vera miniera a cielo aperto per un fotografo come me legato alle immagini che descrivono luoghi attraverso le persone.
Sempre in Sicilia, sto finendo il libro sulla raccolta delle olive, attraverso le persone che le raccolgono e le portano al frantoio; raccontando la storia di come un’oliva diventa olio racconto la storia di un territorio.
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- Words by: Davide Dutto
- 18 Settembre 2007
- 2 Comments
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Lucy
Posted: 26 Settembre 2007
Non sai quanto invidio la tua capacità di cogliere il punto di vista diverso. E' questo che distingue un fotografo qualunque da uno bravo, no? Complimenti ancora... :-)
lello
Posted: 26 Settembre 2007
complimenti, comprerò la rivista appena possibile. ciao lello