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Sono a Favignana da 12 giorni, non riesco a fare foto alla mattanza, decido quindi che il mio nuovo obiettivo sarà fotografare le saline di Marsala, ho già telefonato a Nino Lombardo, fotografo di Trapani che si presta ad accompagnarmi lunedì prossimo.

Nino Lombardo è un fotografo professionista che vive e lavora a Trapani, cerca di fare mostre e pubblicare libri, come me, a un sito e si prodiga nella difficile arte del soppravvivere nel settore “fotografo creativo”, usa il computer per elaborare le sue immagini, poi le stampa su tela rendendole più simili a quadri che a fotografie.
Dice che questa è una buona soluzione per commercializzare le sue immagini al di fuori dei classici servizi. Mi ha fatto una buona impressione, Nino a voglia di venir fuori dal guscio, in un territorio dove è difficile conquistare con le novità, dove tutto è fin troppo tradizionale a partire dai mega servizi matrimoniali celebrati durante i giorni feriali, abiti sfarzosi e cerimonie che iniziano al mattino presto per finire di sera tardi.
Lui dice “fortunati voi al nord, di Milano”, già perchè il nord visto da qui è ancora quello di Milano quasi fosse una regione anzi l’intera area padana, poi continua “le aziende vi fanno lavorare e poi vi pagano pure, qui non se ne parla nemmeno di spendere soldi per immagini da stampare sui depliants aziendali, se riesco a dare loro delle foto non mi verranno mai pagate!”

Mi chiede, vuole sapere come lavoro su nella mia realtà di fotografo nordista, cerca da me informazioni utili per il suo lavoro… ma non ero io quello venuto a scoprire e fotografare la realtà qui in sicilia?
Mi accorgo allora che ci stiamo scambiando informazioni cultural-professionali, meglio di qualsiasi seminario sulla realtà della fotografia digitale, non ci confrontiamo con bellissime parole tecniche (per carità di tecnica ce ne vuole sempre tanta), ma ci scambiamo esperienze reali e pratiche di fotografi lontani e vicini allo stesso tempo; ora sono felice di parlare di fotografia qui e in questo modo.
Il giorno dopo mi porta allora alle famose saline di Marsala davanti all’isola di Mozia (Mothia), bellissime e suggestive mi lasciano veramente senza fiato, Nino mi racconta che verso luglio e agosto sono ancora più belle.
L’acqua, in quel periodo, evaporata dalle vasche lascia un tappeto di sale bianchissimo come neve appena caduta nella torrida estate sicula, mulini tipici e inaspettati si stagliano nel cielo blu, un vero delirio di visioni e sensazioni da fotografare.
Eroici operai sotto il sole a 40 e più gradi, muniti solo di pala e un cappello di paglia, ammucchiano il sale in piccole piramidi, altri lo caricano su rustiche cariole per portarlo in zone di raccolta più ampie e in mucchi più grossi per poi coprire tutto con tegole a protezione dagli elementi atmosferici; come tetti appoggiati a terra di case sprofondate lo scenario si arricchisce sempre più, surreale e fuori dal tempo mi fa venir voglia di fermarmi a fotografare all’infinito.

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Trapani duemila e qualcosa, il mio arrivo a Favignana e l’incontro con Antonio.

“Ancora piccole meditazioni mi girano in testa questa sera prima di addormentarmi, soliti pensieri a volte leggermente malinconici, ma non troppo da impedirmi di chiudere gli occhi e addormentarmi. Poi già domani, sveglia alle 8,30… colazione, bagagli e via al porto di Trapani per imbarcarmi alla volta delle isole Egadi. Finalmente verso fine mattinata sbarco a Favignana, un piccolo paesino che da il nome all’isola con un porto pieno di barchette, la luce è forte e i colori del mare di un blu fresco e rilassante. Il paesaggio è caratterizzato dal vecchio stabilimento della tonnara situata vicino una piccola e bellissima spiaggia, di fronte al porto l’antico palazzo signorile del 1874 della famiglia Florio.
Sull’isola ho l’appuntamento con il fotografo Favignanese Antonio Noto.
Strano tipo Antonio Noto, siciliano anomalo, “appena” logorroico e pieno di vita da vendere, fa il fotografo ed è il mio contatto sull’isola, dovrebbe darmi le dritte per fotografare la tradizionale pesca dei tonni, dovrebbe… Al fondo della via principale si trova il suo studio-sgabuzzino tappezzato di foto, cartoline e posters, lui è seduto fuori e aspetta la gente per vendere le sue immagini.
Mi vede, ma non mi riconosce subito. Dopo uno sguardo prolungato capisce chi sono, allora l’accoglienza è calorosa, alla siciliana, l’invito a pranzo è immediato anche vista l’ora.
La sua casa ereditata dal nonno, naturalmente di nome Noto Antonio, lo rispecchia in pieno, situata a galla su una cava di tufo è bellissima nella sua semplice architettura bianca e squadrata, domina dall’alto il “giardino” infossato dove una volta gli operai estraevano il materiale, ora c’è un buco e dentro buco il suo Eden.
Arriviamo, davanti alla porta ci aspetta la moglie Luisella che ci fa entrare, lei abitava a Roma nel quartiere Eur.
Di origine Favignanese, è ritornata a vivere sull’isola per amore dei luoghi e poi ovviamente di Antonio.
L’interno della casetta è accogliente, ogni spazio è sfruttato al massimo dai mobili che vanno dallo stile etnico a quelli del fai da te tipo Ikea, dal barocco siciliano, naturalmente quelli della nonna, ad altri che contengono attrezzatura fotografica, abiti e cose di casa. L’archivio delle sue immagini è ultra protetto da strati di polistirolo e cartine di plastica dove sono contenute le preziose diapositive, tutto atto a tamponare la permanente umidità dell’isola. Certamente del digitale Antonio non vuole ancora saperne.
Tanti libri ammassati l’uno sull’altro, uno mi colpisce, di grande formato edito da Mondadori: la storia dei Rolling Stones.
Luisella e Antonio sono fans del gruppo rock più longevo della storia, mi raccontano la filosofia di vita del gruppo e le analogie con la loro, poi lui critica il modo di suonare del batterista, ” io la batteria la suono molto meglio” dice “ma loro hanno saputo sfruttare la musica e la trasgressione al momento giusto, poi hanno gestito bene nel tempo il successo fino a diventare ricchi e famosi“… e finalmente cominciamo a mangiare.
Dopo pranzo la visita guidata all’antica cava-giardino è obbligatoria, scendendo da ripidi e pericolosi scalini, dove già alcuni ne fecero le spese con ossa rotte, e arriviamo al fondo.
Il giardino e sistemato su vari piani da lui abilmente ricavati in “terrazze” e piacevoli angoli da meditazione, mi porta in ogni anfratto descrivendo ogni parte scolpita.
Alte mura di tufo tutt’attorno circondano la cava e lasciano un unica visione incorniciata del cielo e le nuvole. “Questo è il mio pezzo di cielo” dice e capisco che oltre essere un giardino per lui è una e vera fortezza dove rifugiarsi e difendersi dalle varie traversie della vita isolana.
Vedi l’anno passato ho piantato gli ulivi, mi piacciono, con il tempo diventeranno un boschetto…guarda quelle sono piante di capperi, là sulle rocce crescono spontaneamente, noi li raccogliamo solo per il nostro consumo, ma volendo si potrebbe fare una raccolta per la vendita.
Poi con orgoglio mi fa vedere il magazzino ricavato da buchi nel tufo e i fossili che spuntano dalle pareti bellissimi, poi ancora mi racconta di vicende familiari e storie di vita alla siciliana su un’isola che gli sta sempre più stretta, ma che non potrebbe mai farne a meno… continua incessantemente, mentre io tramortito sotto il sole cocente ascolto a fatica le mille storie dei suoi incontri con famosi fotografi del calibro di Salgado e Roiter e i suoi pensieri sulla fotografia…
Ora però fortunatamente bisogna andare ad aprire il suo studiolo, sono già le 16,00 quindi prendiamo la mia macchina e torniamo in centro a Favignana, sono un po’ preoccupato perché nel parlare con Antonio è emerso che la mattanza di quest’anno è in forse e io sono qui esclusivamente per questo.”
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