Questa settimana finisce sul lago, quello Maggiore. Lago prealpino disinteressato ai confini. Mi ricordo bene solo un anno fa, quando scendendo giù dalla valle Cannobina con il camper adibito a studio fotografico, dopo lunghe ed inerpicate e tortuose e strette e interminabili strade di montagna, finalmente arrivavo sul lago sfociando a delta. Con un leggero senso di nausea entravo a Cannobio. La vista del lago ha sempre un bel effetto forte, un landscape ottocentesco: colori scuri trafitti da raggi di luce e la tela cosparsa di riflessi e pennellate di foschie irregolari. Insomma arrivando con un mezzo motorizzato la sensazione di attesa e di visione dal finestrino è un po’ quella di: “chi vede prima il mare dopo quella curva?”. Ecco, però è il lago, e questo sta racchiuso per origini glaciali in una conca, per cui il primo effetto è di contenimento e non di espansione all’orizzonte. Profondità un po’ misteriosa. Tutto qui? Beh no di certo! Il senso del lago è più difficile da cogliere e da raccontare, bisogna applicarsi un attimo, abitarlo, stare attenti ai dettagli, ai profumi e ai riflessi, ai suoni rimbalzati. Meglio ancora sarebbe galleggiarci sopra, con i traghetti, o una barchetta a remi, nuotare, insomma starci dentro. Annusandolo il primo profumo che senti è quello di alghe e di umidità vegetale, dei vetri di serra, muschio e legno marcio, foglie secche. Solo un giorno. Solo un giorno il tempo per una singhiozzante ma proficua riunione con Ilaria, un pranzo e un tramonto e poi via sull’autostrada verso Asti est. Ora che sono in studio provo a immaginare le selezioni cercando in alcune immagini, tra colpi di ciglia del mio iPad scattati. Sattate camminando, parlando, viaggiando. Per ora del lago mi basta tutto questo, e ve lo giro. Ciao Davide.
- Words by: Davide Dutto
- 10 Marzo 2012
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