Ecco fatto. I detenuti, i cuochi, le autorità e i media si sono incontrati finalmente per il pranzo di fine corso di “Sapori Reclusi” nel carcere di Alessandria. Ecco consumato il pranzo. Ora mi sento più leggero e arricchito nello stesso tempo, svuotato e pieno, una sensazione strana che alleggerisce comunque la mia gastrite di queste ultime settimane. Sarà che comanda la testa, sarà che il corpo reagisce…? le due cose da mesi fanno a pugni, ma ora di colpo è quasi pace. Insomma tregua. Giusto il momento, finalmente per andare una settimana da qualche parte e prendermi un po’ di riposo (chissà poi se resisto al riposo), devo riprendermi… si dice così, ma quasi come se fossi scappato via da me. Sento fortemente che la vita va vissuta a pieno senza troppe limitazioni, sprechi di tempo, ogni secondo di vita va annusato, leccato, gustato, morso, digerito con la pancia e con la testa (appunto la mia gastrite)…ma le vacanze non sono mai state il mio forte. Si beh certo sole, spiaggia, montagne, boschi, passeggiate, musica, lettura, cinema, amici, ecc… mica le aborro, voglio dire a chi non piacciono le vacanze. Lo so che bisogna fermarsi ogni tanto e che fa bene, è necessario. So pure che senza pause poi scoppio prima del tempo; si, si lo so… e tutto il resto. Comunque prometto che mi fermo una settimana. Anzi se qualcuno ha dei suggerimenti o baite sperdute da affittare per alcuni giorni mi dica pure. Ma torniamo in galera, l’altro giorno ci siamo incontrati tutti con un buon spirito: curiosità, piccole paure, voglia di comunicare, voglia di ascoltare, di annusare e di assaggiare questi famosi “Sapori Reclusi”. Siamo entrati alle nove per per preparare. Io giravo frastornato e sballottato da una persona all’altra per parlare, spiegare, organizzare, appendere le immagini nella grande lunga sala rimbombante. I cuochi, contenti di rivedere i detenuti alunni e scambiarsi commenti sull’evento e sulle cose da fare, hanno lavorato ancora tutta la mattina alzandosi alle 6, e sappiamo che per chi lavora in cucina la giornata finisce sempre verso l’una e più, davvero una grande prova di generosità. I detenuti un po’ spaesati da così tanta gente che entrava per vedere e parlare del loro corso. Timidi alcuni, entusiasti e divertiti dalle telecamere e dalla gente da incontrare altri, hanno parlato e scambiato sapori e sensazioni. Si sono quindi intrecciate parole e pensieri e sapori tra gente così diversa, ma che il cibo a messo tutti sullo stesso piano: agenti, detenuti, direttore, cuochi, giornalisti, insomma persone che hanno voluto assaggiare una fetta di questa realtà. Il grande e lungo e alto salone, dalle tipiche finestre a sbarre, i muri spogli e rimbombanti mi davano la sensazione d’essere dentro a un enorme pentolone dove noi tutti bollivamo a fuoco vivo. Un ribollire di umanità sincera, mescolanza di sapori africani, europei, sudamericani e piemontesi. Nel nostro piccolo quindi abbiamo cucinato è offerto un menù per gustare e per capire le persone che vivono una vita all’estremità della società in bilico e oltre la borderline della legalità. Grazie, grazie davvero, grazie ai ragazzi ospiti forzati, grazie ai cuochi, alle istituzioni del Don Soria e chi ha collaborato affinché tutto ciò si potesse realizzare. M’è spiaciuto comunque quando tutti gli ospiti sono pian piano usciti e l’eco si è fatto meno rimdondante. Siamo rimasti solo noi a scambiarci le ultime parole vere, 11 detenuti, Nigeria, Algeria, Bulgaria, Italia, Senegal, Equador, Perù, Marocco, io e il comandante. Mi è dispiaciuto quando ormai girato verso l’uscita ho sentito chiudere la porta a sbarre dietro di me e ho percorso il lungo corridoio che porta all’uscita. Sentire ancora l’ultima porta sbattere e le chiavi dare le mandate di chiusura. Si, sono uscito stanco e soddisfatto, ma devo ammettere che una leggera tristezza mi ha invaso partendo dai piedi come una leggera scossa fin dentro gli occhi.
Parrtecipanti al Corso:
Byron Jacinto, Lam, Said, Maurizio, Victor, Ola, Karim, Houcine, Irinel Marian, Mehdi, Frank Alexis
Cuochi:
Ugo, Gilberto, Paolo, Flavio, Roberto, Davide, Andrea.
Forotafi:
io…
- Words by: Davide Dutto
- 4 Marzo 2010
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