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Parliamo ancora un attimo di questo quasi mese di agosto.

Ho sempre pensato che la particolarità del mese di agosto risiedesse nella parola vacanze, poi correndo nella vita, anno dopo anno, non ci ho più pensato, mi sono perso in dinamiche di vita da adulto. Oggi un repentino senso di malinconia, sfuggito tra le pieghe delle mani  mi riporta verso lontani periodi di vacanza. Già mentre scatto queste immagini stiamo entrando in agosto.

Agosto per me significa certamente estate, aria calda, vita, compleanno, lontananze,  distacchi e nuovi incontri, ricongiungimenti, attesa… Una macchina che viaggia sull’autostrada verso sud, senza fretta, con il desiderio di arrivare presto in quel luogo. Agosto, allora vacanze, tempo diverso, infinito come la durata della vita quella che dura per “sempre”. Così sono per semrpe state me le partenze per le vacanze, come un’infanzia su terreno neutro, inattaccabile dalle vicissitudini della vita. Il resto arriverà in un futuro lontano, adesso è vacanza, è agosto, settembre non arriverà più, non ci penso ora è vacanza.

L’infinito che aleggia tra la musica e il volante, tra il tergicristallo e il cruscotto impolverato. Tra la luce, violenta, che trapassa la cornea, più di così le pupille non si possono chiudere. Accecanti sono anche le notti di agosto, pregne d’illusioni e sogni, verità e libertà, riscoperte. Periodo in una vita parallela che si manifesta solo in questo magico periodo.

“Agosto? Niente di che, chissà perché oggi ho questi pensieri oggi…?  o… magari lo so, ma non ve lo dico. Del resto sono pensieri personali e non riferiti a questo specifico ferragosto che sta dietro quella curva.”

Allora potrei definire questi pensieri, come delle sensazioni di vacanza/mancanza. Quasi le due parole si assomigliano in fondo.

Dunque lavoro mentre faccio vacanza, oppure nelle vacanze scatto fotografie? Per chi riesce ancora a seguire il mio ragionamento (io no), certamente sono le mancanze che mi colmano i pensieri di oggi, ma ancora non può essere solo quello.

Lo sapevo, me lo aspettavo in fondo questo agosto mi stupisce con un colpo di coda, come la trota agganciata all’amo nella foto.

Non capisco come questo boccone così goloso mi abbia potuto ingannare ancora una volta, così mi ritrovo sbalzato in aria, come il pesce fuor d’acqua senza speranza.

Ma si…, questi sono solo un paio di giorni spalmati nell’ultima settimana tra luglio e agosto:  la montagna, le colline, il caldo a fondo perduto, il sottobosco, le vigne, i sentieri in salita, le rocce con e senza appigli, rifugi, laghetti, cime, mucche e alpeggi cantine, qua e là turisti, gente in bici, scalatori, pescatori, e sfortunate trote.

Oggi allora sono gli enti di turismo della provincia di Cuneo  che vogliono pubblicizzare il territorio a chiedermi delle immagini, hanno trovato un paio di monete da spendere e subito mi metto al “lavoro” nel mese tipico mese delle vacanze.

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Rifugi e rifugiati.

Per gli alpinisti sono i rifugi alpini, per i dittatori deposti sono gli stati rifugio e nell’era della guerra fredda e non solo, sono i rifugi antiatomici. Per l’uomo primitivo 1.75 milioni di anni fa in Africa il primo rifugio umano posto sotto una roccia nelle gole dell’Olduvai in Kenya, per i finanzieri oggi sono i beni rifugio, per un mafiono è il rifugio segreto. Per chi attraversa un momento difficile è un rifugio psicologico interiore, un muro invisibile a protezione. Per chi attraversa il mare e il deserto in fuga da guerre è una nuova nazione.

Tutti quindi siamo stati in un rifugio e abbiamo trascorso un periodo più o meno lungo, più o meno cosciente di rifugiati. Il valore del rifugio allora è sicuramente quello di dare protezione, difendere da condizioni avverse, ma inesorabilmente diventa  una condizione di permanenza forzata di detenzione, in attesa di “tempi” migliori. Fuori un temporale, una guerra, una contaminazione, una svalutazione, un sentimento infranto… dobbiamo aspettare al riparo. Queste sono le mie prime riflessioni a 2035 metri al rifugio Gimont sopra Claviere in Valle Susa con Isabella Bordoni sul progetto Refugee. Marco e Bruno gestori del rifugio, Giuseppe il pastore. Queste alcune fotografie.

2035 METERS ABOVE SEA LEVEL

Refuges and refugees

For mountaineers it means mountain dews; for overthrown dictators they are hideaways, and back to the cold war they used to be nuclear shelters. 1,75 millions years back, in Africa,  the first primitive men looked for protection in a cave in the Olduvai Gorges, Kenia. For bankers nowadays, goods are safety; for a gangster it’s a secret bunker. For people in troubles it might be an inner or mental shelter, an invisible wall of protection. For refugees fleeing wars crossing deserts and seas, it is a new nation.

We all have been in a refuge, spending more or less time in it and being more or less aware of being refugees. Refuges are obviously there to give protection, to save from dangers, but they also turn out to be forced detention places while looking for better times to come. When outside rages a storm, a war, a contamination, a devaluation, a bad feeling…we wait in a hiding place. These are my thoughts while staying at the Gimont dew, 2035 meters above sea level, above Claviere in the Susa Valley together with Isabella Bordoni for the Refugee project. Marco and Bruno run the place. Giuseppe is the shepherd. Here are some pictures.