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Rifugi e rifugiati.

Per gli alpinisti sono i rifugi alpini, per i dittatori deposti sono gli stati rifugio e nell’era della guerra fredda e non solo, sono i rifugi antiatomici. Per l’uomo primitivo 1.75 milioni di anni fa in Africa il primo rifugio umano posto sotto una roccia nelle gole dell’Olduvai in Kenya, per i finanzieri oggi sono i beni rifugio, per un mafiono è il rifugio segreto. Per chi attraversa un momento difficile è un rifugio psicologico interiore, un muro invisibile a protezione. Per chi attraversa il mare e il deserto in fuga da guerre è una nuova nazione.

Tutti quindi siamo stati in un rifugio e abbiamo trascorso un periodo più o meno lungo, più o meno cosciente di rifugiati. Il valore del rifugio allora è sicuramente quello di dare protezione, difendere da condizioni avverse, ma inesorabilmente diventa  una condizione di permanenza forzata di detenzione, in attesa di “tempi” migliori. Fuori un temporale, una guerra, una contaminazione, una svalutazione, un sentimento infranto… dobbiamo aspettare al riparo. Queste sono le mie prime riflessioni a 2035 metri al rifugio Gimont sopra Claviere in Valle Susa con Isabella Bordoni sul progetto Refugee. Marco e Bruno gestori del rifugio, Giuseppe il pastore. Queste alcune fotografie.

2035 METERS ABOVE SEA LEVEL

Refuges and refugees

For mountaineers it means mountain dews; for overthrown dictators they are hideaways, and back to the cold war they used to be nuclear shelters. 1,75 millions years back, in Africa,  the first primitive men looked for protection in a cave in the Olduvai Gorges, Kenia. For bankers nowadays, goods are safety; for a gangster it’s a secret bunker. For people in troubles it might be an inner or mental shelter, an invisible wall of protection. For refugees fleeing wars crossing deserts and seas, it is a new nation.

We all have been in a refuge, spending more or less time in it and being more or less aware of being refugees. Refuges are obviously there to give protection, to save from dangers, but they also turn out to be forced detention places while looking for better times to come. When outside rages a storm, a war, a contamination, a devaluation, a bad feeling…we wait in a hiding place. These are my thoughts while staying at the Gimont dew, 2035 meters above sea level, above Claviere in the Susa Valley together with Isabella Bordoni for the Refugee project. Marco and Bruno run the place. Giuseppe is the shepherd. Here are some pictures.

“Oggi davvero troppo STRESS”

Oggi troppe telefonate, discussioni, parole e giochi d’equilibrio di arte varia per restare dritto, sopravvivere, per reggerene il peso, il caldo, l’umore. Così nel pomeriggio prendo la vespa e mi sdraio in un prato vicino alla Veggia. Il torrente scorre tra boschi e prati e pioppeti dietro la vecchia polveriera militare. Sopra il cielo. Il vento. Respiro.

Too much stress today

Too many calls, discussions, words, too many tricks to keep the balance just stay still, to survive, to bear the pressure, the heath, the mood. So I take my Vespa and go to lay down in a field close to Veggia, the creek which flows across woods, lawns and poplars just behind the old army powder magazine. Above me just the sky. Wind. Breath.