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La settimana mi ha di nuovo sputato dentro questa domenica mentre ancora annaspavo tra i mille progetti in corso. Il corpo e la mente sono ancora rimasti a venerdì. Telefonate, incontri, mail, parole dette e da dire, sms, cose fatte e da fare, poi le fotografie da archiviare in cartelline che ancora non so come riuscirò ad organizzare.

Domenica dunque, e mi accorgo di essere sdraiato sul divano in un tête à tête con il soffitto pensando a una colazione che non ho. Ne biscotti, ne crostata, ne succo di frutta, ne yogour. Scazzo…in questa mattina di troppo. Eroicamente decido allora che la giornata porta bene per fare un giro in vesta, ed eccomi allora pronto e incascato, in sella alla mia ET3 primavera (sono però le 13.30). Direzione Langhe dunque.

Da Fossano fino a Narzole la strada è quasi tutta dritta, la conosco a memoria, poi appena iniziano le prime curve tra i vigneti della Morra l’aria calda sa di zolfo, eppure non sono a Vulcano… si certo conosco bene anche questo odore, è il trattamento, di questa stagione e dopo le copiose piogge il trattamento con lo zolfo tra i filari va per forza fatto. A tratti mi piace chiudere gli occhi e immaginare di essere sull’isola dell’arcipelago Eoliano.

Curva dopo curva però la strada mi porta nella parte a sinistra del Tanaro, nel Roero. In quella zona  le colline sono più ripide, e i boschi, i noccioleti, i frutteti di albicocche e pesche e poi il grano e l’orzo mi conducono fuori dal tempo. Mi piace immaginare che tutto il territorio sia ancora così vario, non solo belle colline di monocolture, anche se del buon nebbiolo e Barbera. In questi anni ho riscoperto il Roero ed è davvero una perla nascosta. Viaggiando nel tempo allora mi fermo al fondo di un noccioleto, al confine di un bosco dove nell’ombra una leggera brezza mi soffia sulla faccia profumi di paesaggi e foglie verdi, zolle di argilla chiara e canneti e strada sterrata delimitata da ciuffi d’erba verdi ancora per poco. Mi sdraiato in bilico sulla sella della mia ET3 primavera, adesso solo bosco e vento.

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Rifugi e rifugiati.

Per gli alpinisti sono i rifugi alpini, per i dittatori deposti sono gli stati rifugio e nell’era della guerra fredda e non solo, sono i rifugi antiatomici. Per l’uomo primitivo 1.75 milioni di anni fa in Africa il primo rifugio umano posto sotto una roccia nelle gole dell’Olduvai in Kenya, per i finanzieri oggi sono i beni rifugio, per un mafiono è il rifugio segreto. Per chi attraversa un momento difficile è un rifugio psicologico interiore, un muro invisibile a protezione. Per chi attraversa il mare e il deserto in fuga da guerre è una nuova nazione.

Tutti quindi siamo stati in un rifugio e abbiamo trascorso un periodo più o meno lungo, più o meno cosciente di rifugiati. Il valore del rifugio allora è sicuramente quello di dare protezione, difendere da condizioni avverse, ma inesorabilmente diventa  una condizione di permanenza forzata di detenzione, in attesa di “tempi” migliori. Fuori un temporale, una guerra, una contaminazione, una svalutazione, un sentimento infranto… dobbiamo aspettare al riparo. Queste sono le mie prime riflessioni a 2035 metri al rifugio Gimont sopra Claviere in Valle Susa con Isabella Bordoni sul progetto Refugee. Marco e Bruno gestori del rifugio, Giuseppe il pastore. Queste alcune fotografie.

2035 METERS ABOVE SEA LEVEL

Refuges and refugees

For mountaineers it means mountain dews; for overthrown dictators they are hideaways, and back to the cold war they used to be nuclear shelters. 1,75 millions years back, in Africa,  the first primitive men looked for protection in a cave in the Olduvai Gorges, Kenia. For bankers nowadays, goods are safety; for a gangster it’s a secret bunker. For people in troubles it might be an inner or mental shelter, an invisible wall of protection. For refugees fleeing wars crossing deserts and seas, it is a new nation.

We all have been in a refuge, spending more or less time in it and being more or less aware of being refugees. Refuges are obviously there to give protection, to save from dangers, but they also turn out to be forced detention places while looking for better times to come. When outside rages a storm, a war, a contamination, a devaluation, a bad feeling…we wait in a hiding place. These are my thoughts while staying at the Gimont dew, 2035 meters above sea level, above Claviere in the Susa Valley together with Isabella Bordoni for the Refugee project. Marco and Bruno run the place. Giuseppe is the shepherd. Here are some pictures.